Il primo a sperimentarla su di sé, dandogli anche il nome, fu il grande scrittore francese Stendhal (vero nome Marie-Henri Beyle), colto da vertigine e mancamento durante una visita alla basilica di Santa Croce a Firenze durante un viaggio nel 1817. A quei tempi non si parlava di sindromi psichiatriche transitorie, al limite ci si riferiva agli episodi di squilibrio psico-fisico come turbe mentali di un animo troppo impressionabile.
In effetti la sindrome di Stendhal, dal punto di vista medico venne identificato e descritto per la prima volta “solo” nel 1977 dalla psichiatra fiorentina Graziella Meneghini nel volume: “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte”, in cui si analizzano 100 casi di turisti colti da turbamento psichico proprio dinanzi ad opere d’arte del Rinascimento italiano.
Ma la visione del David di Michelangelo o della “Nascita di venere” di Botticelli può essere davvero così straniante? Quali sono i sintomi della sindrome, e come facciamo a sapere che il nostro malessere, qualora ne veniamo presi, sia derivato proprio dall’esposizione a “tanta bellezza”?
Ecco come descrive Stendhal il suo stato psicofisico all’uscita dalla chiesa di Santa Croce:
Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.
Disturbo reale o artificio letterario? Ai tempi dell’autore de “Il rosso e il nero”, infatti, il cosiddetto Grand Tour – viaggio nei luoghi dell’Arte, soprattutto antica e rinascimentale, d’Europa, che aveva come meta centrale l’Italia – era una consuetudine tra i giovani nobili e i letterati, allo scopo di affinare la loro cultura e stimolare in loro l’amore per la Bellezza. E sono tante le descrizioni di vere e proprie estasi a cui tale esperienza conduceva in momenti di grazia particolare nei giovani europei più sensibili e colti.
Vediamo, invece, come le manifestazioni della sindrome di Stendhal come disturbo psichico sono descritte dalla dott.ssa Meneghini nel suo manuale, sulla base dei casi da lei valutati. La psichiatra divide in tre gruppi, o meglio, in tre classi, i sintomi in cui la sindrome si può declinare:
- Disturbi cognitivi: si manifestano con un’alterazione nella percezione di rumori, voci, colori fino ad arrivare a vere e proprie allucinazioni
- Disturbi della sfera affettiva: in questo caso la visione dell’opera d’arte procura uno stato di ansia, di oppressione, di depressione o, al contrario, si entra in uno stato di euforia e di esaltazione fuori controllo
- Disturbi somatici veri e propri: palpitazioni, dispnea (difficoltà a respirare, particolarmente accentuata se ci si trova in spazi stretti o assiepati di persone), senso di svenimento, sudorazione fredda
Questa variegata sintomatologia, va detto subito, in genere è del tutto passeggera, e soprattutto alquanto rara. “Vittime” privilegiate sarebbero i turisti stranieri – per lo più europei o giapponesi – di buona cultura, in viaggio da soli.
Secondo l’esperta, a generare il malessere inteso come senso di disorientamento, di mancamento, e talvolta di un vero e proprio attacco di panico, non sarebbe tanto la visione di un’opera singola (per quando magnifica come, ad esempio, il David di Michelangelo), quanto l’accumulo di bellezze. Una sorta di soverchiante e pertanto difficile da reggere “abbuffata” di bellezze artistiche di straordinario valore.
Consideriamo che si tratta di un disturbo da cui sembra che gli italiani siano immuni, probabilmente perché abituati fin dalla nascita a vivere circondati da opere d‘arte e panorami naturalistici mozzafiato.
Ci si può assuefare alla bellezza? Non proprio, ma è indubbio che un giro turistico ad alto tasso di capolavori da visionare in poco tempo, può impressionare in modo intenso, eccessivo, persino scioccante una natura sensibile.
Consideriamo, infine, altri fattori che possono contribuire ad accentuare lo stato di malessere e di straniamento, così come sintomi più prettamente fisici: le vertigini (se si sale in un luogo alto, ad esempio una cupola o un campanile), la claustrofobia generata dall’assieparsi di tante persone in piccole sale museali, il caldo in estate, la disidratazione, la stanchezza eccetera.
Detto questo, ovviamente la sindrome di Stendhal non è una malattia psichiatrica che debba essere curata con farmaci, e neppure con un trattamento terapeutico ad hoc, a meno che gli episodi non si ripetano di frequente; in questo caso la sindrome sarebbe più che altro sintomo di un disturbo bipolare. Piuttosto,il soggetto colpito dovrebbe essere allontanato dalla zona in cui ha avvertito il malessere in modo da potersi stendere o sedere da qualche parte, in un luogo riparato, ben arieggiato, e stare a riposo per un po’.
Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sugli argomenti che salvaguardano la tua salute, puoi seguirci sulla pagina ufficiale Facebook di Wellenessadvisor.it